LA FRONT(I)E(RA)

Buonsalve amico lettore,
nuovo post per questo antro digitale, ed ancora una volta, a dare il La è quel gran caravanserraglio del Vecchio Carnevale Blogghereccio (cliccate sul link se volete saperne di più). L'argomento proposto per questo mese di febbraio sono "Le frontiere" ed il blog ospitante è quello del Calderone del Troll.

La storia che racconterò oggi... ah già, vero... nel caso non lo sapeste, qui, su questo blog, tendenzialmente si raccontano storie... di quelle che ti siedi intorno al fuoco ed ascolti, e magari racconti... dalle mie parti dicono: "alla moda dei vecchi". E sarò vecchio, che ci volete fare.

Dicevo, la storia che racconterò oggi mi è stata raccontata da un vecchio goblin che tempo fa, in una gita nei boschi intorno a casa, incontrai seduto ai piedi di un albero. Era molto vecchio e mi disse che si stava riposando. Mi chiese dell'acqua e se avevo piacere di fare due parole, tanto per passare il tempo.
Accettai e dopo un primo scambio di convenevoli gli domandai il perchè di quel segno sulla fronte. Il goblin aveva infatti un cerchio rosso disegnato sulla fronte. E lui iniziò il suo racconto.

Mi raccontò di far parte di un clan che viveva molto lontano, in una serie di gallerie sotto una grande montagna. Il suo clan si faceva chiamare i Cerchi Rossi, perchè ogni suo componente, veniva marchiato alla nascita con un cerchio rosso sulla fronte. Quel marchio oltre ad essere un segno distintivo del clan era anche un marchio runico che dava loro un grande potere: il potere della fortuna. Ma il marchio in sè non era che un segno sulla fronte, il potere veniva attivato nel momento in cui, ogni mattina, ogni membro del clan, si recava dalla dea. 


La dea era una statua in pietra raffigurante una divinità goblin. Ogni membro del clan era costretto ad inginocchiarsi al suo cospetto ed appoggiare più o meno violentemente la propria fronte (il cerchio rosso) contro quella della statua. La statua era infatti conosciuta come LA FRONTIERA. 

Terminato il rito, il goblin che si alzava, aveva la Fortuna dalla sua parte, per più o meno minuti, a seconda di come il rito era stato svolto (leggasi: a seconda di quanto violentemente aveva colpito la fronte della statua con il proprio cerchio rosso).

LA FRONTIERA
Si tratta di un interessante artefatto magico che si può trovare all'interno di un classico dungeon. Un colpo con la propria testa, più o meno violento, contro la fronte della statua, concede il potere della fortuna, per più o meno tempo (vedi tabella seguente). Il potere della fortuna può manifestarsi, a discrezione del master o dei giocatori, con possibilità di tirare nuovamente i dadi, riuscire automaticamente in una prova o altro ancora. La testata può essere data una sola volta al giorno.

Nella tabella sotto trovate una relazione tra i punti ferita subiti a seconda della violenza con cui la testata viene data (la scelta spetta al giocatore) ed i minuti (si parla di minuti di gioco reale intorno al tavolo e non di minuti "in game") di fortuna conseguenti.

Punti Ferita persi / Minuti di fortuna
  • 1 / 1
  • 2 / 2
  • 3 / 5
  • 4 / 7
  • 5 / 10
  • 6 / 12
  • 7 / 15
  • 8 / 20
  • 9 / 25
  • 10 / 30
  • 11 / 35
  • 12 / 40
  • 13 / 45
  • 14 / 50
  • 15 / 55
  • 16 / 60
  • 17 / 60 + possibilità di raddoppiare il tempo se, lanciando 1d20, si ottiene un 20
  • 18 / 60 + possibilità di raddoppiare il tempo se, lanciando 1d20,  si ottiene un 19 o un 20
  • 19 / 60 + possibilità di raddoppiare il tempo se, lanciando 1d20,  si ottiene un 18, un 19 o un 20
  • 20 / 60 + possibilità di raddoppiare il tempo se, lanciando 1d20,  si ottiene un 17, un 18, un 19 o un 20

Lo so che forse sono andato un poco fuori tema, anche perchè invece di parlere di Frontiere, ho riportato il termine al singolare. Ma è stato più forte di me. L'ispirazione per questo artefatto mi è venuta ricordando le seguenti cose del mio passato:

la scena di uno dei film di Paolo Villaggio con protagonista il ragionier Ugo Fantozzi, ed in particolare quella in cui arriva di corsa al lavoro, in ritardissimo, e nell'inchino di fronte alla statua della mamma del mega-direttore-generale conte Catellani (obbligo aziendale a cui tutti i dipendenti devono sottostare) sbatte in maniera clamorosa la testa contro il ginocchio della stessa

la tradizione che c'era al mio liceo intitolato a G. Peano, laddove si diceva che il toccare il naso del mezzo busto dello scienziato all'ingresso della scuola portasse fortuna per le interrogazioni o per le prove di verifica. Il naso, al contrario del resto del mezzobusto, era lucidissimo (dalla foto purtroppo la cosa non rende).

la tradizione di calpestare i testicoli del toro nel pavimento dei portici di Piazza San Carlo a Torino, per ingraziarsi la fortuna.

Spero che la storia vi sia piaciuta. 

Ed ora non mi resta che salutarvi e darvi appuntamento...
...al prossimo incontro!
LoShAmAnO




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