Libro: Nulla si distrugge

uon salve a tutti quanti,
amici e visitatori dell'aNtRoDeLLoShAmAnO!
Quest'oggi condivido con voi alcune impressioni che seguono la lettura dell'ultima opera dello scrittore indipendente, nonchè amico e visitatore di questo antro digitale, Simone Giraudi (se volete conoscerlo, potete iniziare il vostro percorso dal suo blog personale, Conati di anima).
L'opera in questione s'intitola "Nulla si distrugge" e si tratta di un racconto breve autoprodotto.



La trama del racconto riprende un tema che personalmente trovo molto interessante e che, in misura diversa, ho ritrovato proprio nell'ultimo numero di Nathan Never (fumetto fantascientifico della Bonelli): cosa succederebbe se un robot, o meglio un droide operaio; e nello specifico O-53, programmato e standardizzato a reazione pre-definite, si trovasse ad affrontare la "morte" di un suo "collega"?
E se un evento così unico, come la "morte" fosse in grado di produrre un effetto ed una reazione non prevista e non pre-definita?
E se questa alterazione nel comportamento pre-costituito, non fosse altro che la scintilla per l'elevazione ad un livello di conoscenza maggiore (la scoperta e la presa di coscienza che in una società robotizzata come quella descritta, non si possa buttare via nulla, e di come, i droidi che hanno smesso di funzionare, vengano "riciclati" per andare a formare...non ve lo dico, altrimenti vi rovinerei la storia che merita di essere letta)?
Tanti "se" ed ipotesi che Simone riesce, pur nella brevità del racconto, a toccare, in alcuni casi a lambire appena, lasciando quel senso di curiosità nel lettore, che se in altri contesti potrebbe sembrare fuori luogo; in questo caso, personalmente, ho trovato azzeccato. Il lettore diventa, in parte, complice dell'autore nel dare le proprie risposte personali e nel costruire la sua parte di storia nella propria testa.

Questa complicità (autore-lettore), mi concede  l'opportunità di condividere con voi una riflessione scaturita dalla lettura di questo racconto: spero proprio di non annoiarvi. Prima di farlo, però, sottolineo come, se questa complicità esiste veramente, allora diventa automaticamente vero che ogni lettore che si avvicina a questo racconto, ne trarrà una storia in qualche modo personale, unica, arricchita dai proprio particolari, derivanti dalla propria esperienza. Si creerà dunque un elemento singolarmente unico anche solo per piccoli particolari. Detto questo vengo ad annoiarvi. Per quale motivo, come sottolineato e suggerito dalla storia, anche noi umani del 2015 tendiamo a ricondurre molti aspetti della nostra vita all'omologazione? Pensiamo alla moda (ci si veste tutti uguali sia che noi siamo in Italia piuttosto che in svezia, etc.) , alla catene di ristorazione (mangiamo le stesse cose sia che noi siamo a Napoli piuttosto che a Bolzano), etc. Per quale motivo ci spaventano tanto l'unicità, la diversità, quando, proprio la nostra natura più profinda ci parla della nostra stessa unicità? Ho provato a darmi una risposta: credo che l'omologazione ci faccia sentire protetti. Non esposti. Nel bel mezzo della massa, siamo al sicuro. Ci sentiamo al sicuro. Possiamo permetterci di pensare di meno. La massa lo fa per noi. Possiamo permetterci di rischiare di meno. La massa lo fa per noi. In qualche modo, facendoci rischiare di meno, la tanto batuffolosa massa ci porta ad essere meno capaci di prenderci le nostre responsabilità. In sostanza: la massa è la scelta più facile. Ed un'ultima battuta: ma poi, questa "massa", esiste davvero o si tratta solo di un concetto, di un'idea dietro cui si nascondono coloro che speculando sulle nostre paure?

Concludo con un consiglio.

Un libro da leggere!

...al prossimo incontro!
LoShAmAnO

Commenti

  1. Grazie a te per essere passato e per esserti fermato un poco presso l'antro dello shamano. Spero ti sia trovato bene...
    ...al prossimo incontro!

    RispondiElimina

Posta un commento